Spalletti alla Juve: stop cuffie, frasi fatte e slogan – si torna a parlare col pallone

Dopo il caos Nazionale, Luciano Spalletti si riprende la scena e annuncia un nuovo metodo: niente schemi rigidi, più sintonia tra i giocatori e regole chiare fuori dal campo.

Sono passati 144 giorni dalla sua ultima panchina, quella di un’Italia crollata sotto il peso delle aspettative. Ora Luciano Spalletti è ripartito dalla Juventus, accettando un contratto di otto mesi con opzione di rinnovo.

Un tempo breve, forse, ma sufficiente – dice lui – per “capire se siamo all’altezza della maglia”. La conferenza stampa di presentazione, tenuta il 31 ottobre 2025 alla Continassa, ha mostrato un allenatore ancora ferito da certi attacchi, ma deciso a ribaltare il contesto bianconero con idee forti, regole severe e una nuova filosofia.

Basta slogan e cuffie: Spalletti detta le nuove regole fuori e dentro lo spogliatoio

Luciano Spalletti non ha usato mezzi termini: “Non siamo nelle condizioni di essere presuntuosi. Si va a Cremona con rispetto per tutti”. Già nelle prime ore da allenatore juventino ha stabilito alcune regole base: niente cuffie giganti, stop a PlayStation e ritardi, rigore massimo nelle riunioni tecniche. Il rumore che vuole sentire, dice, non è quello dei social, ma quello del pallone che scivola sull’erba. È questa la sua idea di comunicazione autentica tra squadra e pubblico.

Nella conferenza ha salutato Tudor, suo predecessore, con parole di stima, ma ha anche chiarito che la Juve riparte da una disciplina collettiva che non esclude la creatività: “Le stesse cose annoiano. Serve anche bellezza, innovazione, qualcosa che sia piacevole da vedere”. Ma senza farsi illusioni: “Vincere è la prima cosa, la cosa essenziale”. Il motto juventino, rivisitato ma presente.

Allenatore
Foto da www.wikipedia.org-legahockeypista.it

Non ha paura dei paragoni o delle aspettative: “Se non avessi creduto in questa squadra, non avrei firmato nemmeno per otto mesi. Voglio provare a rientrare nella corsa scudetto. Ho ancora voglia di sporcarmi le mani”. Ha ricordato di non aver mai chiesto garanzie: “Dipenderà da quello che faranno loro in campo. Io non ho bisogno di assicurazioni”.

Il contratto, spiega il dirigente Comolli, prevede una clausola di rinnovo ma “anche un’intesa più ampia, basata sulla progettualità”. Un messaggio chiaro: la Juve prova a costruire, anche se parte da un momento difficile.

Schemi fluidi, squadra più umana: “tutti possono essere da Juve, se lo sono insieme”

Il passaggio più significativo, però, arriva quando Spalletti risponde alle critiche verso alcuni giocatori. “Sento dire in tv: lui non è da Juve. Presi singolarmente, forse. Ma se tutti danno il massimo, quella è la crescita che basta per esserlo”. Una visione collettiva, più psicologica che tattica, che punta a far rendere la squadra più della somma dei suoi singoli.

La differenza la fanno i calciatori, non gli allenatori. Avere complicità, un sistema, fidarsi delle nostre capacità… questo cambia tutto”. Per Spalletti la chiave non è lo schema, ma la lettura delle situazioni. “Non ci sono più solo gli schemi. Vanno capiti i momenti, e bisogna essere tutti in sintonia”.

Sul piano tattico ha anticipato un possibile ritorno alla difesa a quattro, senza escludere variazioni. “Ci sono giocatori che preferirebbero ruoli diversi, ma serve disponibilità. Proveremo anche cose nuove”. Nessuna rivoluzione rigida, piuttosto adattabilità, una parola ricorrente nei suoi discorsi.

Ha parlato anche dei singoli. Koopmeiners, ad esempio, lo avrebbe voluto anni fa ma “costava troppo”. E ha sottolineato che, ingabbiato in certe posizioni difensive, “non ha le stesse qualità”. Riguardo a Vlahovic, invece, ha detto: “Non ho avuto imposizioni. Dopo Udine, le sue intenzioni sono chiare”. Un’apertura netta, che conferma come i senatori avranno responsabilità chiare.

Poi, c’è il capitolo Napoli. Alla domanda sulle polemiche con i tifosi partenopei, ha risposto: “Ho lasciato qualcosa in tutte le città, ma lì è stato qualcosa di speciale. Non cambierà mai”. Si è fatto prelevare il sangue dall’altro braccio per non toccare il tatuaggio dello scudetto, e non lo rinnega: “Quella frase sulla tuta era per quell’anno, non per tutta la vita”.

Infine, una nota personale. “Sono emozionato. So cosa rappresenta questa società. È un onore, ma adesso conta solo il campo”.