L’ex allenatore bianconero punta il dito sulle scelte societarie e sul futuro del club in cerca di identità
La Juventus ha cambiato guida tecnica ancora una volta, una svolta tanto attesa quanto temuta. L’esonero di Igor Tudor è arrivato dopo otto partite senza vittorie e tre sconfitte consecutive in campionato, un trend difficile da sostenere per una società che chiede sempre il massimo. Fabio Capello, che a Torino ha vinto e sa cosa significa la pressione bianconera, non si stupisce del ribaltone, ma individua nei piani alti le responsabilità principali della crisi.
Capello parte da un concetto chiaro: la fiducia a Tudor non è mai stata totale. Il croato, arrivato a marzo in sostituzione di Thiago Motta, si è trovato a lavorare in una zona grigia, né confermato né sfiduciato. Un limbo che in una piazza come Torino pesa più di un rigore sbagliato. “I giocatori capiscono tutto, sentono subito l’aria”, spiega Capello. Se la società ha dubbi, la squadra si adegua e cerca alibi. Tudor, quindi, avrebbe pagato scelte tecniche ma anche una strutturazione del progetto mai davvero definita.
Una squadra costruita senza un vero timoniere
Il tecnico di Spalato ha chiesto rinforzi estivi che non sono mai arrivati. “Il mercato non è stato da Juventus”, osserva Capello, indicando un problema profondo: chi ha costruito questa squadra?. Forse non Tudor. La Juve ha vissuto una linea tecnica confusa, passando velocemente da un’idea all’altra senza dare continuità al gruppo.

Con il difensore Gleison Bremer in campo, la squadra ha mantenuto un’identità minima. Senza di lui, tutto si è sgretolato. Il settore offensivo presenta un paradosso evidente: tre attaccanti di valore riconosciuto, David, Vlahovic e Openda, sono tra i nati nel 2000 con più gol in carriera nel grande calcio. Eppure nessuno dei tre segna dal 16 settembre. Una crisi realizzativa che non può essere solo una coincidenza. “L’allenatore deve saper tirare fuori il meglio dai suoi uomini”, dice Capello. Se un reparto intero si spegne, la responsabilità si estende anche alla panchina.
Lo stesso vale per la gestione tattica: le molte rotazioni nelle formazioni schierate da Tudor raccontano una ricerca della “quadra” mai raggiunta. Capello individua una sola partita in cui si è vista la vera Juve: quella al Santiago Bernabeu contro il Real Madrid. Un lampo isolato dentro una stagione senza ritmo.
Per Capello non è solo un problema di Tudor: servono campioni veri
Le parole pronunciate da Tudor dopo la Champions League, in cui lamentava la mancanza di giocatori di alto livello, hanno fatto rumore in società. Ma Capello le difende: “Aveva ragione”. Per l’ex CT della Nazionale, il problema riguarda l’intero calcio italiano: pochi top player scelgono la Serie A. Le grandi squadre sono obbligate a investire su giovani di talento, non sempre pronti a reggere la pressione.
Nel futuro immediato della Juventus compare un nome che ha già il peso della strategia: Luciano Spalletti. È la prima scelta della dirigenza per ripartire. Capello lo conosce bene: “Ha esperienza, personalità e dopo l’amarezza con l’Italia ha voglia di rivalsa”. La classifica, paradossalmente, aiuta: la Juve è a soli sei punti da Napoli e Roma. Il campionato, insomma, non è ancora scappato via.
Tra i profili vagliati c’è stato anche Raffaele Palladino, protagonista a Monza e poi alla Fiorentina. Ma allenare la Juve è un’altra dimensione. Serve gestione, freddezza, resistenza al fuoco. Capello non ha dubbi sul confrontare i curriculum: “Un conto è crescere, un conto è guidare chi deve vincere ogni settimana”.
Capitolo Thiago Motta. L’italo-brasiliano è ancora a libro paga fino al 2027, ma Capello sarebbe stato contrario a un suo ritorno: la ferita della scorsa stagione non si è ancora rimarginata del tutto. Tornare troppo presto sarebbe stato dannoso per entrambe le parti.
Nel suo ragionamento, l’ex mister introduce una figura spesso dimenticata: Giorgio Chiellini. Secondo Capello, un uomo con quel carattere e quella conoscenza dell’ambiente sarebbe fondamentale da inserire vicino alla squadra. “Non so chi comandi davvero in società, ma uno come Giorgio farebbe bene”. Un parallelo inevitabile con il ruolo di Paolo Maldininel Milan scudettato di Pioli. Oggi Chiellini è concentrato su incarichi istituzionali, ma lo spirito bianconero non lo ha mai lasciato.
Se Spalletti dovesse arrivare, Capello gli suggerisce un inizio semplice ma decisivo: puntare su Kenan Yildiz e riportare i gol agli attaccanti. Strade senza alternative. Anche un fenomeno come Haaland ha bisogno di palloni giocabili. Alla Juventus, prima ancora del modulo, serve rialimentare la qualità delle idee.
La Juve si trova a un bivio che non può più ignorare. Tudor esce di scena, ma lascia aperte domande scomode. Per guardare avanti servono decisioni chiare, una strategia riconoscibile e un leader che sappia proteggere e rilanciare un ambiente che ha perso certezze. Torino aspetta risposte. E nel calcio, le risposte arrivano solo da una cosa: vincere.