“Non li rivedremo mai più”: perché la refurtiva del Louvre fa tremare gli esperti

Sottotitolo: Ladri in azione nella Galleria di Apollo, otto pezzi della collezione imperiale svaniscono: cosa dicono ora gli esperti sul loro destino

Il furto avvenuto al Museo del Louvre a Parigi ha acceso un riflettore su una falla nella sicurezza in uno dei luoghi culturali più visitati del pianeta. Nella Galleria di Apollo, dove riposano i Gioielli della Corona francese, ignoti hanno portato via otto preziosi appartenuti a Napoleone.

Una smerigliatrice, un montacarichi, una fuga in scooter nel traffico della capitale. Una scena quasi surreale, eppure reale, che ha lasciato la Francia senza parole. Il valore della refurtivatocca quota 88 milioni di euro, cifra che mette i brividi solo a leggerla. Già ci si chiede cosa succederà, adesso, a pezzi così riconoscibili della storia francese.

Ipotesi degli investigatori

Gli inquirenti e i consulenti chiamati a dare una lettura a questo colpo analizzano dettagli e possibili mosse future della banda. Il detective olandese Arthur Brand, noto per i suoi recuperi di opere d’arte, ha spiegato alla BBC che i gioielli rubati hanno probabilmente già intrapreso un viaggio irreversibile. Il rischio più concreto è quello della smantellazione. Oro e argento potrebbero essere fusi, mentre le pietre preziose, vendute una a una nel sottobosco criminale. Il ragionamento si basa su un punto ovvio: nessuno potrebbe presentarsi a vendere, per intero, un gioiello così famoso senza attirare subito i riflettori delle forze dell’ordine.

Museo
L’ipotesi di un collezionista come acquirente-legahockeypista.it

Un esempio emblematico è la tiara dell’imperatrice Eugenia, un capolavoro composto da oltre 2000 diamanti. Staccare ogni pietra significa cancellare un’identità storica, anche se gli esperti di gemmologia sono in grado di riconoscere una pietra importante in base ai tagli, alle inclusioni, alla provenienza del materiale. Ecco perché, secondo Brand, si può arrivare anche a un nuovo taglio delle gemme, così da eliminare tracce che le colleghino al furto del Louvre. Una mutilazione senza ritorno per il patrimonio culturale.

La storica dei gioielli Carol Woolton, interpellata sul caso, parla di furto chirurgico. I ladri avrebbero studiato prima dell’azione quali fossero i pezzi più preziosi, lasciando in vetrina elementi meno redditizi o troppo complessi da trattare. Sempre lei segnala un dettaglio curioso: durante la fuga sarebbe stata abbandonata la corona dell’Imperatrice Eugenia, ritenuta probabilmente poco vantaggiosa perché composta da pietre più piccole. Forse un peso inutile durante la corsa nello scooter tra vicoli parigini. Quel gesto lascia intendere una selezione meticolosa, un lavoro di mano esperta, non un colpo improvvisato.

Parigi osserva e discute. Si va avanti, con appelli discreti alle organizzazioni internazionali, con banche dati che si aggiornano di continuo e con un occhio che guarda al mercato nero dei collezionisti. Nessuna informazione trapela su sospetti o rivendicazioni. Il silenzio che segue colpi così audaci spesso è parte del piano.

L’ombra di un collezionista segreto

C’è un’altra pista, meno brutale ma non meno inquietante. Alcuni analisti ritengono possibile che i gioielli di Napoleonesiano finiti nelle mani di chi li ha ordinati, prima ancora che venissero rubati. Un committente con molto denaro, e una passione morbosa per ciò che non dovrebbe possedere. Un miliardario nell’ombra, pronto a custodire nella propria collezione privata oggetti che appartengono alla memoria collettiva di un intero Paese.

In questo scenario, i gioielli resterebbero intatti, nascosti in un caveau, forse nella sala blindata di una villa oltre confine. Un possesso illegale, ma emotivamente irresistibile per chi ha bisogno di provare potere attraverso ciò che nessun altro può ammirare. Non è un’idea fantasiosa: nel passato la storia dell’arte ha già visto capolavori scomparire per riapparire decenni dopo, tra sequestri e confessioni improvvise.

La vicenda apre un fronte giuridico. I gioielli rubati non erano assicurati. Il Louvre non riceverà alcun risarcimento. Ogni oggetto nel museo è parte del demanio pubblico francese e in questi casi il ruolo di assicuratore spetta direttamente allo Stato. Un dettaglio che fa emergere la portata istituzionale del danno. Qui non si parla solo di miliardi o lusso. Si parla di identità nazionale.

Gli agenti parigini cercano indizi dai filmati di sorveglianza. Si domandano come sia stato possibile muoversi per i corridoi del Louvre con un piano così rischioso. E come sia potuto accadere che un museo tanto famoso venga messo in difficoltà da strumenti presi in un negozio qualsiasi.

Nel frattempo, un fatto resta chiaro: se quei gioielli verranno distrutti o nascosti per sempre, della brillantezza della storia imperiale resterà solo la memoria. Nelle teche vuote della Galleria di Apollo, oggi, c’è già un assaggio di quel vuoto.